L’ Helleborus Niger è una particolare specie del genere Helleborus, una pianta arbustiva appartenente alla famiglia delle ranuncolacee, più comunemente conosciuto con il nome di Rosa di Natale. Il suo “nome d’arte” è legato alla forma del fiore, che ricorda quello di una rosa selvatica, ed alla sua fioritura, tipicamente invernale, tanto che, da un po’ di anni a questa parte, viene sempre più utilizzato come dono natalizio al pari della sua cugina maggiore, la Stella di Natale.
In realtà Stella e Rosa di Natale hanno in comune ben poco oltre l’appellativo con cui vengono chiamate.
Se la prima ama il caldo tropicale, frutto delle sue origini sudamericane, la seconda adora le temperature rigide che caratterizzano il continente Euroasiatico da cui proviene.
In natura, l’Helleborus Niger inizia a fare capolino dal terreno ghiacciato a partire da gennaio/febbraio, riempiendo i sottoboschi di tutte le zone collinari e montuose dai 300 fino ai 1000 metri di quota. Ama crescere su terreno calcareo e, in Italia, è ampiamente diffuso in quasi tutto l’arco alpino, dal Piemonte al Friuli Venezia Giulia (in fotografia: Helleborus Niger sulle Prealpi Orobiche – 15 gennaio 2022).
L’Elleboro è una pianta tanto affascinante quanto velenosa, sia per l’uomo che per gli animali. Contiene infatti l’elleborina, un potente glicoside dalle note proprietà cardiotoniche.
Ma non è sempre stato così.
Nei tempi antichi l’Elleboro nero era considerato un rimedio straordinario nella cura delle più svariate malattie, in particolar modo quelle mentali, come vero e proprio rimedio contro la follia. La mitologia greca, ad esempio, narra che Ercole guarì dalla pazzia grazie all’Elleboro.
Un’altra leggenda racconta che un pastore di nome Melampo, indovino e guaritore, ebbe l’intuizione di somministrare un decotto di radice di Elleboro alle figlie del re di Argo, Preto. La pazzia aveva colpito le giovani principesse, che credevano di essere diventate vacche. Melampo le guarì e come ricompensa ottenne il titolo onorifico di “Purgatore”, una parte del regno di Argo e la mano di una delle principesse.
Oggigiorno l’utilizzo dell’Elleboro a scopi terapeutici o erboristici è (ovviamente) severamente vietato proprio a causa della sua elevata tossicità.
Personalmente, velenoso o terapeutico che sia, l’ Elleboro è da sempre il mio fiore preferito, grazie al su bianco candore, simile a quello della neve, e alla sua insolita capacità di nascere quando tutto sembra addormentato nel silenzio dell’inverno.
Vederlo rinascere rigoglioso nei sottoboschi mi riempie, ogni gennaio di ogni anno, il cuore di gioia.