Sopra Livo, nell’alto lago di Como, un piccolo punto rosso domina la vallata. É il Bivacco Petazzi, situato a 2.245 mslm sulla sponda meridionale del lago Ledù, nella omonima valle.
Raggiungerlo non è certo da “banale gita della domenica”, ma passarci una notte regala emozioni uniche. Vediamo insieme come arrivarci!
Indice
Come si raggiunge il Bivacco Petazzi al lago Ledù?
Sono due gli itinerari di accesso al Bivacco Petazzi, entrambi abbastanza lunghi e faticosi.
Il primo ha come punto di partenza Pra Pincè, risale la Val Bodengo fino alla Bocchetta del Cannone e da qui discende al lago Ledù ed al Bivacco.
Il secondo itinerario parte invece da Livo – Loc. Dangri, attraversa la Val Darendo fino alla Sella dell’Avertai e da lì vi porta a meta con un traverso super-panoramico.
Qui vi descrivo in maggior dettaglio questa seconda opzione.
Quanto è difficile salire al Bivacco Petazzi al lago Ledù?
Raggiungere il Bivacco Petazzi ed il lago Ledù non è certo da “banale gita della domenica”. Se siete in cerca di una facile scampagnata, questa non è la meta che fa per voi.
Tecnicamente il percorso non presenta nessun tipo di difficoltà, ma l’itinerario è molto lungo sia in termini di chilometri da percorrere che di dislivello.
LA SCHEDA TECNICA
- Partenza/Quota: Livo – Loc. Dangri ( 640 m)
- Arrivo/Quota: Bivacco Petazzi al Lago Ledù ( 2.245 m)
- Tempo di salita: 5 ore
- Tempo di discesa: 4 ore
- Dislivello totale salita: 1.700 m
- Gradi di difficoltà: Escursionisti Esperti (EE)
- Periodo consigliato: Luglio – Settembre
L’ITINERARIO IN BREVE – LA SALITA
- Parcheggiata l’auto nei pressi del Crotto Dangri procediamo a piedi attraversando il torrente su un bel ponte di pietra e risaliamo verso la chiesetta di Sant’Anna su una mulattiera lastricata.
- Proseguiamo ora in un bosco di Castagni per circa 200 metri di dislivello fino a Baggio, un piccolo nucleo di case a quota 950 mslm.
Iniziamo quindi un lungo traverso, prima sulla sponda idrografica sinistra del fiume per poi passare su quella destra attraverso il Ponte di Borgo. - Arrivati in prossimità del rifugio Pianezza, deviamo verso ovest, attraversando un nuovo ponte di pietra e proseguiamo addentrandoci in una meravigliosa faggeta. Qui il sentiero comincia a risalire molto ripido fino all’Alpe Igherina, 1625 mslm.
- Giunti all’Alpe Ingherina Il tracciato nel bosco si è definitivamente concluso, ma mancano ancora circa 650 m di dislivello prima di arrivare a meta. Procediamo quindi in direzione nord, oltrepassando un ripido dosso erboso ed un terreno piuttosto sassoso fino ad arrivare alla sella Dell’Avertai, a quota 2206 m.
- Dalla sella dell’Avertai entriamo ufficialmente in Val Ledù e, tramite un traverso super-panoramico, giungiamo, per sali e scendi, al Bivacco Petazzi ed al lago Ledù.
L’ITINERARIO IN BREVE – LA DISCESA
La discesa può avvenire per il medesimo itinerario della salita oppure:
- Dalla val Bodengo, passando per la Bocchetta del Cannone
- Passando per la Capanna Como
Bivacco Petazzi al lago Ledù – itinerari concatenati
- Bocchetta del Cannone (2.275 mslm): EE – 15 minuti dal Bivacco Petazzi
- Pizzo Rabbi (2.452 mslm): EE – 30 minuti dal Bivacco Petazzi
- Capanna Como (1.780 mslm): EE – 3 ore dal Bivacco Petazzi
- Pizzo Ledù (2.503 mslm): Salita di tipo alpinistico, PD – III
La nostra avventura al Bivacco Petazzi
Sabato 23 Settembre 2023, primo giorno di tempo stabile dopo una settimana di pioggia incessante.
É finalmente arrivato il weekend della bivaccata, quella bella trazione di famiglia che vede impiegati me, mia sorella, mio fratello e rispettivi coniugi, a raggiungere e pernottare in un sempre più sperduto bivacco in quota.
Eh sì, avete capito bene: per l’ occasione la Compagnia della Taneda ha due nuovi compagni d’ avventura: mia sorella Martina e suo marito Francesco. E per quest’anno la scelta è caduta su un bivacco senza alcun genere di comfort: il Bivacco Petazzi al lago Ledú.
Alle 7.30 i miei fratelli sono già sotto casa e per l’ occasione Stefano ha “rubato” la multipla di mamma e papà, in modo che possiamo starci tutti su una stessa auto, zaini (giganti) compresi.
Partiamo, direzione Livo, nell’alto lago di Como. Piove, e mentre il cielo si apre verso la Svizzera, da noi è completamente nero. Ottimo, ci sembra proprio un buon inizio! Ma non ci lasciamo scoraggiare: il meteo non prevede pioggia e siamo certi che non pioverà.
Dopo circa un paio d’ore giungiamo al Crotto Dangri dove, fortuna vuole, è rimasto un’ ultimo parcheggio, proprio per la nostra macchina! Ci carichiamo gli zaini in spalla ed iniziamo a percorrere la mulattiera che sale fino alla cappella di Sant’Anna.
Il peso dello zaino si fa subito sentire. Oltre ai beni di prima necessità per passare una notte in bivacco, oggi contiene anche una torta, candeline e un regalo di compleanno…tra qualche giorno mia sorella Martina compirà 33 anni, e abbiamo pensato di organizzarle una piccola festa a sorpresa.
Arriviamo ben preso a Baggio e ci immettiamo sul lungo traverso in direzione del Rifugio Pianezza. Le piogge scroscianti degli scorsi giorni hanno dato i loro frutti: c’è acqua ovunque ed il sentiero è diventato un vivace ruscello, cosparso qua e là da pozze d’acqua più profonde.
Facendo lo slalom tra le pozzanghere per non arrivare a destinazione con i piedi zuppi, giungiamo, dopo circa un paio d’ore di cammino, in prossimità del Rifugio Pianezza.
É mezzogiorno e decidiamo di fermarci per il pranzo; cominciamo ad estrarre dagli zaini ogni e qualunque sorta di ben di Dio: grana, bresaola, salame, emmental. Tonno, biscotti, focaccia dolce e barrette proteiche…adesso inizio a spiegarmi perché i nostri zaini fossero tutti così giganti, possiamo mangiare per tutta la prossima settimana!
Ci svaghiamo un attimo, fino a quando due escursionisti ci sorpassano di buon passo. Anche loro sono molto carichi, non staranno salendo al Petazzi? Panico! Il bivacco ha infatti solo nove posti letto, e noi siamo già cinque. Non possiamo permetterci di cedere il passo ad altri, o ci toccherà dormire sul pavimento!
Risistemiamo in fretta gli zaini e ci rimettiamo in marcia. Ben presto però ci accorgiamo che i due escursionisti hanno una meta diversa dalla nostra. Tiriamo un sospiro di sollievo, ma dobbiamo comunque sbrigarci, la strada che manca è ancora moooolto lunga!
Attraversiamo un bel ponte di pietra: sotto di noi il fiume è gonfio d’acqua. Io e mio fratello ci guardiamo con lo stesso pensiero: speriamo di non dover guadare nessun torrente oggi perché non sarà facile.
Come non detto…dopo neanche 200 metri di cammino ci tocca passare su un ruscello scrosciante…niente di pericoloso, ma perdiamo un quarto d’ora buono per trovare il punto più facile per il guado.
Tra chi esce con entrambi i piedi a mollo e chi solo con uno, riusciamo comunque a passare sull’altra sponda e ad addentrarci in un magnifico bosco di faggi; il sentiero si fa decisamente più impegnativo rispetto a quanto fatto fino ad ora e ben presto giungiamo alle baite dell’Alpe Ingherina, dove ci fermiamo per una nuova breve sosta.
Guardo l’altimetro: mancano ancora 650 m di dislivello, e oggi mi sembrano un’infinità! In più ha cominciato anche a tirare un vento abbastanza freddo e fastidioso.
Ci rimettiamo faticosamente in marcia, per raggiungere la Sella dell’Avertai. Il sentiero diventa sempre meno evidente, complice anche la neve caduta nella notte.
E così, tra prati scivolosi, pietraie poco stabili ed un incontro ravvicinato del terzo tipo con una vipera, arriviamo finalmente sul confine tra la Val d’Inghirina e la Val Ledù. Avvistiamo per la prima volta il bivacco: è proprio come lo avevo immaginato, un punto rosso che domina il lago di Como.
Percorriamo di buon passo l’ultimo traverso e, dopo un numero che sembra infinito di sali-scendi, finalmente arriviamo davanti alla pesante porta di ingresso.
Nessuna traccia di altri escursionisti, per il momento. Scopriremo solo qualche ora più tardi che altre cinque persone avrebbero passato la notte con noi!
Il bivacco all’interno è veramente essenziale: nove posti letto, un piano d’appoggio, degli sgabelli ed una piccola scaffalatura con posate e stoviglie varie. Bene, era proprio quello che cercavamo!
Ci apprestiamo a recuperare l’acqua dal torrentello lì vicino ed iniziamo a preparare la cena. Lo chef per stasera propone farfalle rigate al tonno…seguite da tutto ciò che è avanzato dal pranzo.
Il sole intanto inizia a calare, tingendo il cielo di mille sfumature. Purtroppo non riusciamo a godere appieno del tramonto, fa troppo freddo per rimanere fuori e decidiamo di fare a turno anche per controllare lo stato di cottura della pasta.
Ceniamo rapidamente all’interno del bivacco, in piedi, per far posto anche agli altri escursionisti e alle 20:30 siamo già pronti per andare a dormire; la temperatura fuori è sotto lo zero ed il vento non ha intenzione di calmarsi; entriamo nei nostri sacchi a pelo, il più coperti possibile per evitare di soffrire troppo il freddo durante la notte.
Ovviamente, questa è solo una vana speranza! Nonostante la maglietta, la maglia termica, il pile, un sacco a pelo e due coperte di lana, la notte si rivela gelida ed insonne: pur essendosi creato un accettabile microclima internamente, le pareti del bivacco rimangono ghiacciate; il letto è piccolo ed è quindi impossibile non sfiorarle con il corpo o con i piedi.
In più, la condensa che è si formata sul tetto inizia a gocciolare sul pavimento sottostante…o sui meno fortunati che hanno scelto il posto più alto dei letti a castello!
A incorniciare questa scena già sufficientemente idilliaca, il vento fuori è completamente impazzito. Forti folate fanno sbattere i lucernari del bivacco, con rumori fastidiosi e sinistri…
Credo di aver visto tutte le ore della lunga notte trascorsa in bivacco e sono abbastanza sicura di non essere stata l’unica della compagnia in quelle condizioni!
Nella branda dietro la mia, Stefano continuava a muoversi ed anche Martina e Francesco non erano da meno.
L’unico che è riuscito a riposare è stato ovviamente il Simo, noncurante del freddo, del vento e della possibilità di volare via con l’intera struttura (si scherza ovviamente!). Il mattino seguente ha anche avuto il coraggio di affermare:”Ah, avevate freddo? Io ho dormito in mutande!”.
Il giorno dopo, abbandonata l’idea di uscire a vedere l’alba, decidiamo che è venuto il momento di festeggiare Martina; così riesumiamo dallo zaino tutto l’occorrente: regalo, candeline e la famosa “nuvola di Como”, un golosissimo pan-brioches all’albicocca che, nonostante qualche problema di trasporto, ha ancora un ottimo aspetto.
La sorpresa riesce decisamente bene ma le candeline non ne vogliono sapere di accendersi per il vento ancora forte.
Terminiamo la colazione e ci rimettiamo in marcia, una lunga discesa ci aspetta.
Arrivati alla Sella dell’Avertai mi giro per dare un’ultimo sguardo al Bivacco Ledù. Sono contenta. Nonostante il freddo e la lunga notte insonne, la bivaccata è andata alla grande; è bello avere una passione in comune con i miei fratelli, una passione che ci unisce e ci rimanda indietro nel tempo.
Quell’andare su e giù per le vette è qualcosa che ha sempre fatto parte di noi e della nostra famiglia; ce lo abbiamo scritto dentro, negli occhi, nel cuore, nell’anima. E probabilmente anche nel DNA, per questo non possiamo più farne a meno.
Perché quando qualcosa ti sfiora puoi avere ancora le capacità di lasciarla andare; ma quando arriva alle tue radici o, peggio, dalle tue radici, allora sai che è per sempre.